Di Stella Guizzardi
La pace, l’anestetizzazione alla guerra, la verità e la giustizia, il dialogo e infine il ruolo di religione e politica. Questi i temi trattati durante l’incontro intitolato “The Challenges to the World Peace Today” tenutosi il 5 luglio a Venezia. Una giornata di riflessioni organizzata dalla Missione Shahbaz Bhatti APS, associazione fondata da Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, ministro della Minoranze in Pakistan dal 2008 al 2011, quando venne assassinato per motivi politici. Da allora il fratello Paul porta avanti il suo impegno, lavorando per la coesione sociale e il sostegno agli ultimi, anche attraverso la promozione di iniziative di questo tipo, che stimolano il dialogo interreligioso nel contesto di un paese in cui l’ecumenicità può essere rivoluzionaria e a tratti pericolosa.
Diverse riflessioni di intervenienti, come il Ministro degli Esteri Tajani (in video) e il Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia, hanno evidenziato come la scelta di Venezia come luogo in cui tenere il convegno non sia stata casuale: l’Italia è da sempre un paese crocevia di pace per il dialogo e Venezia in particolare è storicamente città di scambi. Il Professor Mirko Sossai ha aggiunto: “Venezia, affacciata sul mediterraneo è una dimensione da riscoprire. Questo mare, segnato da guerre e violenze, è stato anche spazio di convivenza e dialogo”. Il Patriarca ricorda anche che non a caso il motto sul leone di San Marco è: “Pax tibi Marce, evangelista meus”, che in latino significa “Pace a te, Marco, mio evangelista”. Quel motto “è annuncio e offerta di pace, il vangelo è anche questo”.

Il titolo del primo incontro della giornata è Strategie per costruire la pace, il ruolo della religione e della politica e partendo da questo, analizzando il significato delle strategie, i relatori hanno evidenziato l’aspetto chiave dell’azione: al giorno d’oggi parlare di pace non basta. Per questo diversi interventi hanno menzionato l’idea della pace come impegno concreto da assumere e non solo come un dono arrivato dall’alto: “La pace è un regalo di Dio, ma è anche responsabilità degli esseri umani” (Mons. Samson Shukerdin). Come ha evidenziato il Dott. Massimiliano Tubani, direttore dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre, proprio “quando i cattolici agiscono secondo la parola del signore, diventano agenti di pace”.
A parlare del valore trasformativo dell’aiuto è intervenuto anche Mons. Tomasi: “ogni volta che aiutiamo qualcuno ci aiutiamo ad essere più umani, e forse saremo più fratelli, e forse saremo più ponti di pace”.
Questa riflessione vale non solo per i cattolici, ma ha validità globale, al momento del suo intervento infatti, l’Imam della Royal Mosque Mulana Khabir Azad ha ricordato che “l’islam ci da un messaggio di pace e di dignità a tutti gli esseri umani. Tutti hanno bisogno di pace, soprattutto chi si trova nelle situazioni più difficili”.
Ci si accorge, quindi, di come i messaggi di pace e gli inviti al dialogo e al riconoscimento reciproco siano molto simili tra le diverse religioni; allora ciò che innesca il conflitto tra persone di diversa fede non risiede necessariamente nei valori fondanti delle religioni stesse. La causa dei conflitti il Cardinale H. Eminence Joseph Couttes la trova piuttosto ne “la mancanza di conoscenza, di educazione e di incontro reciproco con il diverso. E’ questo che crea lo scontro”.
Il conflitto poi, se non viene trasformato, può sfociare in una escalation violenta alla quale oggi sembriamo essere talmente avvezzi da esserne anestetizzati. In questo senso hanno riflettuto diversi relatori come ad esempio il Mons Tomasi, che nel suo discorso ha evidenziato il nesso tra abitudine e guerra: “la pace è una necessità; la violenza seminata è così tanta che i nostri cuori sono oggi intossicati. Non abbiamo strategie per costruire la pace, oggi abbiamo solo fatto un piccolo passo di esperimento di dialogo” (Mons. Tomasi).
Per costruire la pace non come pausa tra due guerre ma come nuovo modus operandi generalizzato, i due strumenti principali individuati durante il convegno sono la verità e la giustizia. La verità come valore è evidenziato partendo dall’uso quasi orwelliano che ormai dilaga per l’espressione del concetto della guerra e di quello della pace. Diversi politici e figure importanti evitano di usare la parola “guerra” usandone altre che sembrano avere un potere più legittimante; allo stesso tempo utilizzano la parola pace per giustificare la guerra stessa aggirando quindi, proprio la verità. Il Patriarca ha a questo proposito evidenziato l’importanza della parola affermando: “la verità serve la causa della pace, quando non dico la verità compio il primo atto di violenza. Non a caso la guerra non viene chiamata con il suo nome per legittimarla. Dio è amore e l’amore che sistematicamente prende le distanze dalla verità è un imbroglio. Se teniamo stretto il binomio tra amore e verità si arriva alla giustizia, compagna fedele della pace”. Yousaf Raza Gilani, presidente del senato pakistano dal 2008 al 2012, ha aggiunto a questo proposito: “la pace non è assenza di guerra, ma presenza di giustizia. E’ la celebrazione delle diversità e la convivenza delle persone.”