Durante la conferenza dell’Osservatorio di Politica Internazionale (OPRI), Università Ca Foscari di Venezia, svoltasi il 6 marzo, dal titolo “Trump e il conflitto russo-ucraino, una svolta per l’Europa?”, sono emerse importanti riflessioni sul futuro dell’Ucraina e sulle conseguenze geopolitiche della recente elezione di Trump.
Gli esperti intervenuti hanno trattato numerosi punti sottolineando come l’Europa si trovi oggi a fare i conti con una realtà complessa: l’Ucraina, il secondo paese più grande del continente, porta con sé il peso della sua storia post-sovietica, con confini artificiali e un’identità nazionale in continua evoluzione, anche in relazione alla vicina Unione Europea.
Uno degli obiettivi storici dell’Ucraina era l’integrazione culturale e giuridica nell’ambiente europeo, ma la guerra ha interrotto questo processo: come può un paese pensare a diritti avanzati quando fatica a garantire quelli basilari? Tutti i tentativi di far conoscere la cultura ucraina all’estero sono stati messi, a questo punto, in secondo piano a causa del conflitto.
Secondo quanto discusso alla conferenza, l’Unione Europea ha inizialmente adottato un approccio “sonnambulo”, limitandosi a fornire armi difensive senza una strategia a lungo termine. Tuttavia, il conflitto ha portato a un ricompattamento europeo e atlantico, spingendo i governi ad adottare decisioni che prima non avevano il coraggio di attuare.
Un altro punto chiave riguarda l’evoluzione del diritto internazionale: la guerra ha infatti evidenziato come le relazioni internazionali siano sempre più unilaterali, dove uno Stato leader ha la possibilità di decidere per tutti gli altri.
Un ulteriore tema centrale della conferenza OPRI è stato il ruolo dell’energia come arma politica e strumento di contenimento della Russia. L’Europa, soprattutto dopo la pandemia, ha vissuto una fase di forte interdipendenza con Mosca, ma la guerra del febbraio 2022 ha spinto l’UE a modificare questa situazione e a riconsiderare il proprio approccio strategico.
Un elemento che non è possibile non tenere in considerazione è la vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi. Se inizialmente si pensava che un suo ritorno alla Casa Bianca potesse favorire una risoluzione del conflitto, oggi appare chiaro che gli Stati Uniti stanno agendo principalmente in funzione dei propri interessi, spesso scavalcando l’Europa e lasciando i partner atlantici in una situazione di instabilità: per lungo tempo, l’UE ha cercato maggiore indipendenza strategica, ma ora che gli Stati Uniti sembrano davvero tirarsi indietro, sarà in grado di sostenerla? Sarà realizzato un esercito europeo forte a sufficienza per garantire la sicurezza del continente?
Secondo quanto discusso dai relatori, la narrazione sulla guerra sta cambiando, un segnale che potrebbe anticipare una soluzione politica. Tuttavia, le decisioni più difficili spettano ora ai paesi che hanno sostenuto l’Ucraina e che devono scegliere come condurre la propria linea politica.
Le possibilità sono molteplici e nessuna priva di conseguenze. L’Europa dovrà decidere se rafforzare la propria unità politica e militare o se rassegnarsi a un nuovo equilibrio instabile. Dopo anni in cui il dibattito è stato dominato da una retorica univoca, i governi europei saranno in grado di recuperare un’autonomia strategica?
Le scelte che verranno prese nei prossimi mesi saranno cruciali e potrebbero ridefinire il ruolo dell’Europa nel mondo.