Home / L'AGENDA / Presentata alla stampa la mostra Phantasmagoria Pacis

 

La sede Santa Margherita del Museo nazionale Collezione Salce a Treviso ha ospitato la conferenza stampa di presentazione della mostra “Phantasmagoria Pacis”, in programma proprio in quello spazio museale dal 13 settembre al 9 novembre 2025.

La mostra è curata da Elisabetta Pasqualin, direttrice del Museo nazionale Collezione Salce e dal presidente della Fondazione Venezia per la ricerca sulla Pace, il prof. Antonio Silvio Calò. L’idea nasce dal desiderio di far immaginare la Pace come forza costruttiva e dalla collaborazione tra i due enti. La mostra è dedicata interamente al tema della pace con un approccio innovativo, libero dalla dipendenza della guerra come unico contesto di riferimento.

La proiezione di un’elaborazione digitale dell’artista Damiano Fasso ha anticipato l’evento. Infatti, un video che riassume alcune partiti dell’opera, e che potrà essere visibile integralmente nel percorso della mostra, è stato proiettato sulla facciata del Palazzo della Prefettura, storico edificio nella piazza principale di Treviso, ovvero Piazza dei Signori, già dallo scorso venerdì 5 settembre 2025 alle ore 19. Questa proiezione continuerà anche le prossime due settimane.

Attraverso manifesti storici, opere digitali e installazioni contemporanee, “Phantasmagoria Pacis” invita a vedere la pace come un processo complesso, fragile e prezioso che richiede pensiero, impegno e responsabilità condivisa.

Il percorso espositivo accompagna il visitatore in una riflessione estetica, etica ed esistenziale, un invito a riscoprire un’armonia possibile: un viaggio dalla polifonia di Bach (simbolo di convivenza) alla fragile ma potente Venezia (emblema di visione e rinascita).
La mostra presenta una selezione di oltre 50 manifesti storici del Museo nazionale Collezione Salce, in particolare quelli del secondo dopoguerra, che raccontano speranza, ricostruzione, inclusione e convivenza. Accanto a questi, trovano spazio le opere di artisti contemporanei come Tobia Ravà (Padova, 1959), Abdallah Khaled (Tamrichte Bejaïa, 1954) e Damiano Fasso (Vicenza, 1976). Quest’ultimo, in particolare, rielabora manifesti d’epoca attraverso animazioni digitali generative, mescolando passato e presente in un racconto visivo inedito.

L’incontro con i mass media è iniziato con la lettura di una lettera inviata come messaggio dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Ricordiamo che la Regione è uno dei soci fondatori della Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace (Fondazione VeRiPa).

Gentile Dottoressa Pasqualin, nel ringraziarla per il cortese invito, mi rammarica comunicare che come anticipatole dalla mia segretaria, a causa di concomitanti impegni istituzionali non potrò partecipare all’inaugurazione della mostra Phantasmagoria Pacis. Desidero tuttavia testimoniarle il mio particolare apprezzamento per il tema oggetto di questa esposizione, evidenziando soprattutto la capacità della stessa di offrire ai visitatori una doverosa e sincera riflessione in merito alle contingenze che oggi affliggono il contesto mondiale. Distinguendosi per la sua missione divulgativa, libera e pronta ad abbracciare ogni senso di vita, l’arte diventa forse il senso più adatto a costruire ponti. Ponti all’interno dei quali trovano affermazione il riconoscimento intersoggettivo, la comprensione e il rispetto che è altro da noi, e, cosa ancora più importante, una partecipazione di stampo emotivo che permette di trascendere caratteristiche linguistiche, fisiche ed ideologiche
Ringrazio quindi lei e i suoi collaboratori per aver dato vita ad un progetto di indubbio valore impreziosito dalla volontà di voler dare luce ad un futuro comune segnato da pace e tranquillità, unendomi idealmente alla giornata inaugurale e auspicando un meritato successo all’iniziativa, porgo i saluti della Regione Veneto”.


Di seguito ha preso la parola la direttrice Elisabetta Pasqualin.
Phantasmagoria Pacis è una mostra che come sapete nasce da una idea della Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace, e prende avvio dalla creazione di un francobollo in occasione dei venticinque anni della sua fondazione. Devo dire che è stata un’avventura molto interessante perché nel nostro caso specifico, questa collaborazione con Salce ha fatto sì che si creasse un legame narrativo riscoprendo che all’interno della collezione ci sono manifesti che celebrano, vogliono, gridano e richiamano la pace. E questa volta il nostro Salce li ha collezionati certamente per una questione potrei dire ideale, etica, morale, perché non si parla delle opere di Campiello o quant’altro, si tratta di opere spesso di anonimi, che però hanno questo messaggio di richiamo alla pace. Insieme alla Fondazione vi sono le opere di Damiano Fasso, e poi le opere di Tobia Ravà e Abdullah Khaleb, opere a quattro mani di artisti di cultura e fede diverse, uno ebraico e l’altro musulmano, che hanno però creato queste opere come esempio di condivisione e armonia per costruire ponti”.

Foto Art Phantasmagoria In Text 2
Da parte del presidente della Fondazione VeRiPa, Antonio Silvio Calò, un ulteriore approfondimento sul significato di questa mostra.
Il grazie va alla Fondazione Salce e alla direttrice che hanno avuto il coraggio di affrontare qualcosa che ha una sua bellissima unicità, cioè mettere insieme un percorso alternativo alla narrazione attuale sul discorso della pace, attraverso quelli che sono i linguaggi universali che ci permettono di andare oltre. Oltre, e lo dico con profonda tristezza, le parole e i fatti che stiamo vedendo ed ascoltando in questi giorni. Un linguaggio che è dominante nel mondo, ed è bello vedere come, attraverso delle rielaborazioni con i mezzi tecnologici che si possono tranquillamente conciliare con mezzi antichi o comunque più datati, come i manifesti come vedremo, ma anche ancora più antichi come la musica che seguirà queste opere. La musica diventa un unicum in cui le arti si mescolano per cercare di fare questo sforzo comune per andare oltre, e c’è bisogno di questo. Ma si può parlare di pace con la pace, non è sempre necessario dover piegarsi alla volontà della guerra. Nel senso che secondo me c’è il rischio oggi, e si è talmente assuefatti a certe immagini, talmente inibiti, talmente presi dal male, che senza volerlo siamo avvinghiati ad esso. Dobbiamo ergerci e guardare oltre, ma dobbiamo farlo con strumenti che sono atti ad esso. Questa mostra ha avuto il coraggio di creare una narrazione senza per forza di cose mostrare le immagini devastanti, ma non per escluderle, ma per far capire che il mondo è capace di altro, per ricordare che negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 l’uomo si è adoperato a tutti i livelli e in tutti i modi per riuscire a creare la terra come un luogo di pace. Un luogo che accomuni e non divida le persone.
La pace ha un etimo molto chiaro, che indica il patto. Il dover metterci d’accordo tra persone diverse. Questo sforzo è uno sforzo che ci auguriamo essere formativo ed educativo, quindi sarà rivolta questa mostra moltissimo alle scuole, dalle elementari alle Università, per invitare le persone a cominciare ad usare uno sguardo diverso. Che tristezza questi nostri manuali di storia. Se dai manuali tolgo ciò che c’è prima della guerra, la guerra e il dopoguerra, non rimane quasi nulla. C’è tanto da riflettere.
Ringrazio la Fondazione Salce e la direttrice che hanno avuto il coraggio di abbracciare questa ipotesi, e anche il Professor Fasso per questo tentativo. Mi piace pensare che il titolo Phantasmagoria rimandi alle grandi illusioni dell’uomo, alle grandi immagini, a ciò che si pensa di realizzare, si realizza, ma a volte queste realizzazioni dividono e ingannano. E bisogna andare invece verso qualcosa che crei armonia. Ringrazio anche Tobia Ravà e il collega che si sono sforzati di lavorare insieme per lanciare un messaggio di armonia, sapendo che ci sono queste differenze.
Volevo terminare con quello che è stato l’inizio di tutto. Grazie alla persona che è qui davanti a me, Mauro Michielon, direttore dell’Israa di Treviso, operativo per tanto tempo nel CDA delle Poste, e grazie a lui è nato quel famoso francobollo che sta girando il mondo. Francobollo che ha commemorato i 25 anni della Fondazione Venezia per la Pace. Tutto è partito da qua, dopo il francobollo è diventato motivo di ispirazione per il maestro Fasso, che poi ha elaborato Phantasmagoria Pacis. Poi io la direttrice che condivide con me questa idea di mettere insieme le arti per dare loro un volto diverso e il risultato è quello che state vedendo.
Spendo le ultime parole per ringraziare persone che oggi non sono qui, forse le incontreremo più avanti. Una di queste è Papa Francesco, un’altra è Papa Leone e soprattutto il Presidente della Repubblica. Senza di loro il francobollo non ci sarebbe mai stato, francobollo congiunto Stato del Vaticano-Stato italiano, una cosa rarissima. Alla fine della mostra voi vedrete questo francobollo, un piccolo strumento oggi per certi versi desueto, ma che ha una potenza simbolica che invita alla pace. Ho pensato “perché non mandarlo a tutti i premi nobel per la pace? E così questo partirà e sarà inviato a tutti i 42 nobel per la pace che saranno poi invitati a settembre-ottobre prossimo a Venezia per fare un appello per la pace.
L’invito è quello di usare gli strumenti che abbiamo, instrumentum nel senso di mezzo per poter cambiare le nostre coscienze, senza offendere, ma invitando a guardare insieme quante e quali capacità ha l’uomo di superare sé stesso”.


Il professor Damiano Fasso ha poi spiegato come è nata la sua opera.
L’opera nasce da una commissione della Fondazione, che aveva come richiesta quella di partire dal francobollo e tenere i simboli della Fondazione, quindi legarsi a Venezia in qualche modo. Doveva anche accompagnare la musica splendida del Dona nobis pacem di Bach, che già di per sé è un simbolo di coesistenza tra culture.
Ho deciso di ispirarmi a diverse culture e in primis mi sono ispirato alla Phantasmagoria, agli spettacoli alle origini del cinema e al teatro delle ombre, per utilizzare immagini che si animano e prendono vita per creare una successione illusoria. L’opera è divisa in due macroaree, la prima mostra le criticità e la dimensione illusoria della pace, si mostrano delle armi, il consumismo e una serie di immagini trattate con un linguaggio dissonante, che appare accattivante, pop e colorato. Poi c’è una svolta, al centro vi è questa figura che richiama la guerra, ho ripreso le statistiche del report annuale sulla pace creato dall’ONU e dal Ministero degli Esteri, e a partire da lì viene mostrata la possibilità di riunire questa frammentazione apparente e contraddittoria della realtà. C’è ad esempio una frase attribuita a Gandhi, c’è la città dei filosofi, Kant, Moore, tutte queste cose si mostrano nel finale, che vuole essere un auspicio all’umanità per ritrovare sé stessa in questo apparente caos contraddittorio. Lo scopo di questa mostra è proprio quello di mostrare una interrelazione tra le arti e un dialogo tra esse che può essere un fortissimo messaggio di pace. Vorremmo infatti che anche questa mostra fosse non una fruizione passiva, ma un attivo appello alla pace”.

Tobia Ravà racconta la sua opera.
Dal 2002 ho iniziato una attività parallela con l’artista Khaled in quanto una società pubblicistica americana, dopo l’episodio delle torri gemelle ha voluto chiamare un artista di cultura ebraica ed uno di cultura islamica per mandarlo ai loro clienti e collezionisti per mandarlo poi anche ad ONU e UNESCO e tutti coloro che dovrebbero essere attivi in questo senso di pace. Ci conoscevamo già da qualche anno perché lui aveva due studi di cui uno sulle montagne dell’Algeria e l’altro a Stio, avendo sposato una italiana. Era allievo di Emilio Vedova dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia ed è stato l’unico algerino a ricevervi una borsa di studio per poter studiare lì. Dal 2002 abbiamo deciso di realizzare un dipinto o una grafica annualmente, è diventato quindi un piccolo corpus di lavori, esposto a San Marino, Belgio, Olanda, Francia e più volte in Italia. Oggi il grosso dei lavori sono esposti a Torino dove c’è la sede di Aurora ed è frequentatissimo dalle scuole del Piemonte e della Liguria”.
Pasqualin ha poi ripreso la parola per ricordare una iniziativa.
Abbiamo tenuto qui un campo estivo ad agosto facendo lavorare i bambini anche sul tema della pace. Abbiamo deciso di esporre questi collage in uno dei pannelli in mostra per mostrare come si può parlare di pace fin da quando si è piccoli, per insegnare a costruire ponti e mai alzare barriere“.

Foto Art Phantasmagoria In Text
Antonio Silviò Calò riprende la parola per spiegare l’ottimo rapporto con il Comune di Treviso e per fare ulteriori ringraziamenti.

Ringrazio il sindaco per avere accolto e accettato la sfida. Una sfida perché non è che in giro per l’Italia ci siano tante mostre che trattano di pace, e chiediamoci per quale motivo. Soprattutto non ci sono mostre di pace dove oltre al comune c’è la Regione, la Provincia, il Ministero della cultura, supporti fondamentali anche di enti come Polyglass che hanno sposato questa causa. La nostra presenza non è soltanto qui, ma anche nel cuore della nostra città, ogni sera viene proiettato presso Piazza dei Signori una sintesi dell’opera del professor Fasso in cui si rende nota la mostra. La cosa bella è che ciò viene proiettato da un totem talmente grande che è impossibile non vederlo, caratterizzato da anteprime e immagini dei manifesti.
È una bella sfida quella che avete accettato con noi, che fa onore alla nostra città, mi auguro che questa mostra sia vista da tante persone anche fuori regione.

Volevo ringraziare anche Andrea Simonato, che, come direttore culturale di Antiga, famosa tipoteca tra le più importanti al mondo, anche loro hanno sposato la nostra causa. Di nuovo gli strumenti e le arti entrano in gioco insieme. E la tipografia e la scrittura sono fondamentali”.

Infine il Sindaco Mario Conte.
Ringrazio il presidente e la direttrice anche per la costante sinergia che con l’Amministrazione riusciamo a mettere in campo su diversi temi. Devo dire che ogni volta che vengo qui al Museo Salce è motivo di grande riflessione anche analizzando i manifesti del passato. Ringrazio anche gli artisti che si sono messi a disposizione non tanto per una mostra, ma per un messaggio, che è qualcosa di più forte. Per questo non limitiamoci a chiamare i bambini e gli studenti, che sono coloro che in guerra non ci sono mai andati e che se il mondo fosse in mano loro non esisterebbe neanche. Concentriamoci sugli adulti che evidentemente guardando i manifesti ancora non hanno capito come si vive in pace. La guerra è uomo e la pace è donna si capisce dai manifesti ed effettivamente se ci si guarda intorno di donne che fanno la guerra non se ne vede. Però non dobbiamo perdere la speranza, che passa attraverso i giovani, le donne e la cultura e la sensibilizzazione che attraverso iniziative come queste continuiamo ad alimentare.

Io metto a disposizione la città di Treviso perché noi siamo una città ferita. Nel 1944 Treviso, esattamente come sta succedendo oggi a Gaza, in Ucraina e negli altri scenari di guerra del mondo, Treviso venne bombardata e perdemmo oltre 2000 cittadini di cui più di 200 bambini. Siamo cresciuti con una generazione di bambini che leggiamo solamente nelle targhe della chiesa di Santa Maria Maggiore. Treviso ha pagato con il sangue i danni della guerra, l’ha conosciuta e l’ha pagata ad un costo altissimo, per questo mi permetto di ospitare queste iniziative per l’esperienza che abbiamo avuto. Per me è un orgoglio che a Treviso si continui a parlare di pace e ci prendiamo un impegno per continuare a mandare messaggi di pace molto forti con la speranza che non rimangano messaggi, ma che diventino dei comportamenti e ricordando a tutti che la pace passa attraverso i comportamenti di ognuno di noi, e non dipende solo dagli altri. Ognuno di noi con i propri comportamenti può fare la guerra o può costruire la pace e noi dobbiamo impegnarci a costruire ponti e pace”.

 
 
 
Fondazione Venezia per la Ricerca sulla Pace