“Phantasmagoria Pacis”: una nuova narrazione di Pace

L’incontro Phantasmagoria Pacis, tenutosi il 14 novembre alla Feltrinelli TV, con ospite Antonio Silvio Calò, presidente della Fondazione Venezia per la ricerca sulla Pace, cerca di dare voce a qualcosa che oggi appare sfuggente: una nuova narrazione della pace. L’evento nasce dalla omonima mostra che si è conclusa lo scorso 9 novembre, al Museo Collezione Salce di Treviso dove hanno partecipato enti e migliaia di studenti.

La mostra cerca di mettere al centro del dibattito un concetto troppo spesso trasformato in un’ombra, in un’illusione, la Pace. La guerra ha simboli potenti, parole riconoscibili, immagini che incidono. La pace no: per esistere davvero deve essere scelta, costruita, firmata come un patto fra due parti che decidono di non cedere alla contrapposizione.

Le immagini che dominano il mondo odierno, spesso violente, non raccontano: consumano. Creano una phantasmagoria, un’illusione visiva che ci fa credere di comprendere mentre, in realtà, semplifica e distorce. La violenza diventa quotidiana, normale, persino spettacolare. E in questa sovraesposizione si perde l’umano, si perde il limite, si perde la vergogna. Le atrocità non scuotono più: scorrono, si condividono, si commentano. È qui che la pace diventa ancora più urgente.

La phantasmagoria crea una falsa unità, un’illusione di presenza reciproca che non regge quando bisogna costruire davvero. Per ritrovare la pace bisognerebbe rimettere in circolo ciò che in realtà abbiamo dimenticato: il dialogo, l’ascolto, la capacità di negoziare senza distruggere, il coraggio di riconoscere l’altro come parte del nostro destino.

Arriva poi un altro nodo drammatico: la scelta di molti Paesi, tra cui l’Italia, di investire sempre di più nella produzione di armi. Una direzione che sembra portare all’indietro, verso un tempo in cui tutto veniva deciso dall’alto, in cui la paura sostituiva il dialogo e la forza sostituiva la ragione.

La mostra, con i suoi manifesti risalenti agli anni ’50 e ’60, vuole mostrare che c’è stato un tempo in cui l’uomo voleva la pace duratura, cercando e creando il diritto internazionale. Lo stesso diritto internazionale che oggi, invece, viene spesso calpestato, in un processo di riduttiva semplificazione che vede più del 43% delle risorse dell’ONU tagliate.

Nella selezione dei manifesti, inoltre, è emerso un nuovo simbolo di Pace: la donna. Uno dei soggetti più colpiti dalle guerre ma colei che con la sua forza è portatrice di Pace, portatrice di diritti e custode delle relazioni.

Con l’incontro e la mostra si vuole riproporre e reinserire il tema della Pace, argomento sulla bocca di tutti ma per il quale nessuno agisce, tramite una narrazione che parta dal basso, dalle persone. Questo perché la Pace comincia dai piccoli gesti, dai gesti che l’hanno costruita e la promuovono, creando nelle relazioni tra di noi degli spazi di micro-pace e di rispetto reciproco.

Il percorso verso la pace non è mai lineare: è tortuoso, faticoso, pieno di ostacoli. Ma è un percorso che si compie insieme, passo dopo passo, rimettendo al centro ciò che oggi sembra smarrito. Non basta invocarla, la pace: bisogna costruirla, attraversarla, riconoscerla, concederle tempo e cura. È un lavoro lento, quotidiano, che chiede di cambiare sé stessi prima ancora del mondo.

Adriana Randazzo

Ti è piaciuto questo articolo? Puoi condividerlo con: