Di Stella Guizzardi
“La Pace: bene supremo del diritto internazionale e dell’Unione Europea”, con questo titolo si è svolto, il 5 e il 6 giugno 2025, presso l’Università di Padova, il Convegno annuale della Società Italiana di Diritto Internazionale e dell’Unione Europea (SIDI), quest’anno giunto alla sua XXIX edizione. Come recita il titolo, il contenuto delle due giornate di lavoro è stato quello del legame tra la pace e il diritto internazionale in varie sue forme, istituzioni internazionali, sviluppo, diritto privato e diritto dell’Unione Europea.
In apertura del convegno, l’argomento viene introdotto sottolineando un’evidenza: lo sforzo e la fatica del diritto internazionale di emergere in tempi di conflitto: “Il tema è centrale perché mette il dito nella piaga, non siamo stati capaci (i giuristi, ndr) di integrare il diritto internazionale nel diritto costituzionale. I giuristi oggi servono per capire cosa sta succedendo e per uscirne” infatti “chiunque lavori per la coesione sociale è un’operatore di pace”, hanno affermato i professori Pin e Gattini dell’Università di Padova. Queste parole sono fondamentali per affrontare la percezione diffusa di inefficienza e inadeguatezza del diritto internazionale sullo scacchiere geopolitico odierno. Proprio su questo tema si è pronunciato il Giudice della Corte Internazionale di Giustizia Abdulqawi Ahmed Yusuf: “oggi si parla molto di diritto internazionale pensando che questo possa avere un ruolo nella protezione di ciò che ci circonda, allo stesso tempo però viene violato quotidianamente da vari attori. Ma non è lo stesso anche per la legge domestica? Non sono vietati gli omicidi? Sì, ma succedono lo stesso. Non esiste legge che non sarà mai violata, siamo esseri umani e abbiamo le capacità di violare le norme che noi stessi creiamo, ma non per questo esse non hanno un senso.”
L’invito, rafforzato dall’intervento del filosofo Tommaso Greco, professore dell’Università di Pisa, è quello di pensare la pace come principio, scintilla vitale del diritto e del patto sociale, la pace come relazione. Per i giuristi è un invito all’azione e alla creatività.
Il diritto infatti è uno strumento creativo, con le norme ha il potere di generare un cambiamento. Come ha affermato il professor Jean D’Aspremont dell’Università SciencesPo, “l’idea della pace che si è consolidata alla fine del XIX secolo, era una concezione della pace propria delle potenze occidentali, e ciò non può essere ignorato negli studi di oggi, dobbiamo includere nuovi criteri per definire la pace”. Sulla stessa linea si è espressa la professoressa Micaela Frulli dell’Università di Firenze “il post conflitto e la giustizia transizionale possono e dovrebbero essere utilizzati come strumenti di cambiamento non solo per guardare indietro, ma per guardare avanti, perché una vittima che prima era schiacciata dal sistema deve essere portata alla situazione precedente?”.
Leggendo tra le righe degli interventi, il filo conduttore è quello dell’umanità, anche all’interno delle istituzioni, “il diritto internazionale è fatto da esseri umani e non da Stati, ed è a partire dagli esseri umani che dobbiamo lavorare” come ha sottolineato Catherine Kessedjian, dell’Università Panthéon Assas. Bisogna prestare attenzione a non cadere nella percezione di bisogno securitario e indirizzare invece la giurisprudenza in direzione opposta, vedendo le persone come soggetti da proteggere, con le quali costruire e non come potenziali minacce. Come sottolinea il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio inviato ai partecipanti al Convegno, l’obiettivo è quello di pensare ed utilizzare come strumento di rapporto tra gli Stati un diritto internazionale che abbia come fine la pace, e non la forza, per una pace giusta e una giustizia pacifica.