Home / FOCUS SU... / Riflessioni sul disarmo e sulla evitabilità delle guerre

 

a cura del Prof. Maurizio Cermel

Nel 2010 il Nicaragua occupò, con suoi militari, un tratto di sponda del fiume San Juan che segna il confine con il Costa Rica, iniziando un’opera di dragaggio. Il Costa Rica rivendicava quel territorio come proprio, sostenendo che il dragaggio del fiume comprometteva l’equilibrio della riserva naturale che insisteva sull’area (1).
Il Costa Rica prese atto dell’occupazione del suo territorio da parte dell’esercito del Nicaragua, ma non inviò truppe a contrastarne la presenza, né avrebbe potuto farlo: l’art.12 della Costituzione del 1949, infatti, vieta l’istituzione di un esercito.
La decisione fu presa dall’Assemblea costituente eletta al termine di una breve guerra civile combattuta nel 1948: è stato l‘ultimo conflitto armato svoltosi sul territorio del Costa Rica.
La rinuncia alla istituzione di un esercito è particolarmente significativa perché molti Stati dell’ America latina hanno conosciuto nel tempo continui rivolgimenti, colpi di stato, e sollevamenti dovuti ai militari (2).

Il divieto, sancito dalla Costituzione, di avere un esercito si accompagnò alla decisione di destinare i proventi stanziati per le Forze armate allo sviluppo dell’istruzione, della sanità pubblica e alla difesa dell’ambiente. Da questa scelta sono scaturite molte conseguenze positive che hanno reso il piccolo Stato caraibico all’avanguardia in molti campi (3). Dal 1948 il Costa Rica ha intrapreso un percorso per diffondere negli Stati confinanti una politica ispirata al principio che i conflitti armati tra gli Stati possono essere evitati attraverso il dialogo e la trattativa diplomatica (4).
Fedele a questa idea, di fronte all’occupazione del proprio territorio da parte dell’esercito nicaraguense nel 2010, il Costa Rica avviò un confronto con lo Stato invasore. Dapprima intervenne
l’Organizzazione degli Stati Americani, OSA, che intimò al Nicaragua di ritirare le sue truppe dai territori occupati. Posto davanti al rifiuto del governo nicaraguense di conformarsi alla risoluzione dell’OSA, il Costa Rica portò il caso dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja.
Il contenzioso tra i due Stati si è concluso definitivamente nel 2018. La Corte Internazionale di Giustizia ha, infatti, stabilito che il Nicaragua doveva rimuovere il suo insediamento militare dall’area indebitamente occupata lungo il fiume San Juan, restituendola alla piena sovranità del Costa Rica (5).

Le dispute territoriali, analoghe a quella intercorsa tra Costa Rica e Nicaragua, sono numerose e gli Stati coinvolti fanno ricorso alle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia per risolverle. Ma, talvolta, la disputa sfocia in un conflitto armato o, comunque, si mantiene viva una situazione di continua tensione tra due Stati che può facilmente degenerare: gli esempi sono numerosi.
La presenza di forze armate dislocate lungo un confine conteso aumenta, infatti, il rischio che si possa giungere ad uno scontro. La retorica nazionalista della difesa dei sacri confini della Patria, favorisce nell’opinione pubblica la richiesta di soluzioni immediate che solo le forze armate sembrano offrire (6). Ciò che rende particolarmente significativa la decisione del Costa
Rica di non avere un esercito, è data dal fatto che essa si accompagna alla precisa volontà di voler salvaguardare la propria sovranità ricorrendo esclusivamente al diritto internazionale.

Anche oggi in tutto il mondo assistiamo, invece, a guerre che potevano essere evitate se il sistema militar-industriale internazionale (7) non avesse favorito lo scatenarsi dei conflitti.
Premessa imprescindibile per arrivare ad una risoluzione pacifica di controversie interstatali, evitando il conflitto, dovrebbe essere la rinuncia agli strumenti necessari per condurre una guerra: se ci sono le armi, infatti, è probabile che vengano usate da chi è addestrato a farlo.
Si potrebbe obiettare che questa posizione, neutralista e pacifista, può essere adottata solo in casi molto particolari e limitati, com’è appunto quello del Costa Rica.
Eppure, di fronte ai “tamburi di guerra” che risuonano minacciosamente nel mondo, ci si deve domandare se l’utilizzo di armi sempre più distruttive possa ancora essere razionalmente
giustificato (8). Il fatto che nella guerra generata dall’invasione della Russia sul territorio dell’Ucraina si ipotizzi l’impiego di armi nucleari e si eluda qualsiasi tentativo di composizione diplomatica del conflitto, deve portarci a considerare l’esempio del Costa Rica come
la strada da seguire.

Di fronte all’inerzia di quanti non intervengono per porre fine all’inutile strage (9) che, fino ad ora, ha causato più di 500.000 morti e feriti tra russi e ucraini, Papa Francesco ha ricordato l’insensatezza di questa come di tutte le guerre che rifuggono dalla ricerca della pace
attraverso il diritto (10).

(1) Cfr.ICJ,Construction of a Road in Costa Rica along the San Juan River (Nicaragua v. Costa Rica),in https://www.icj-cij.org/list-of-all-cases; vedi anche Costa Rica e Nicaragua litigano sul confine, il Post, in ilpost.it, 5 novembre 2010.
(2)Cuartelazo è il termine adoperato per indicare una insurrezione contro il governo che nasce in un cuartel, cioè in una caserma dell’esercito, estendendosi poi a tutto il paese.

(3) Il Costa Rica, nel panorama turbolento dell’America latina, ha istituzioni democratiche stabili e livelli di sanità e istruzione pubblica molto elevati. Per questi motivi, un po’ enfaticamente, si presenta come la Svizzera dell’America centrale.

(4) Nel 1980, sulla base di una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU, è stata fondata in4
Costa RIca, l’Università per la Pace: cfr. upeace.org. L’Università conduce studi, a diversi livelli, per individuare le cause dei conflitti, superare le divergenze tra gli Stati, promuovere la tolleranza e la comprensione tra gli esseri umani attraverso il progresso sociale e culturale. Al Presidente del Costa Rica Oscar Arias Sanchez che ha contribuito a risolvere le contese tra i paesi del Centro America, è stato conferito nel 1987 il Premio Nobel per la Pace.

(5) Cfr. ICJ, Land Boundary in the Northern Part of Isla Portillos (Costa Rica v. Nicaragua), in https://www.icj-cij.org/list-of-all-cases ; vedi anche S. van der Berg- E. Andres Pretel, U.N. court hands Costa Rica territorial victories over Nicaragua, FEBRUARY 2, 2018, reuters.com

(6) La spinta irrazionale dell’opinione pubblica nel 1914, fomentata dai movimenti nazionalisti, ha fatto precipitare l’Europa e il mondo intero in una guerra disastrosa che causò milioni di morti. A distanza di più di un secolo gli studiosi si interrogano ancora sull’inerzia dei responsabili politici di fronte al precipitare degli eventi. Si veda, da ultimo, Christopher Clark, I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra, trad.it. Edizioni Laterza, Roma-Bari, 2016

(7) Com’è noto fu il Presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower, nel 1961, a segnalare per primo i pericoli insiti nel sistema democratico statunitense per la presenza di un enorme e potente
complesso militar-industriale, in grado di orientare le decisioni politiche: cfr. Eisenhower’s farewell address, in https://en.wikisource.org/wiki/Eisenhower’s_farewell_address. Oggi la lobby dei produttori di armi agisce trasversalmente in tutto il mondo, ed è in grado di influire sui rapporti tra gli Stati, rifornendoli delle armi necessarie a condurre una guerra. Lo Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI, sipri.org, pubblica ogni anno un rapporto sulle spese militari nel mondo e sui trasferimenti internazionali di armi; l’Italia è uno dei maggiori produttori di armi a livello mondiale.

(8) L’Institute for Economics and Peace, economicsandpeace.org, registra il costo annuale dei conflitti in tutto il mondo, calcolando le spese per gli apparati militari, per l’acquisto delle armi, per i danni materiali e umani. Impiegando le stesse risorse per fini pacifici, invece che bellici, si potrebbero avere enormi miglioramenti economici e sociali, agendo sulle cause che generano i conflitti.

(9) Nel corso della Prima guerra mondiale Papa Benedetto XV scrisse una lettera ai belligeranti, il 1° agosto 1917, invitandoli a porre fine alla “inutile strage”, proclamare una tregua e cercare una definizione dei confini per via diplomatica. Benedetto XV fu duramente attaccato sia da esponenti degli Imperi centrali che dell’Intesa. Gli opposti nazionalismi condannarono l’intervento del Papa, nel timore che alimentasse l’ostilità dei soldati contro la guerra che serpeggiava sui due fronti.

(10) Cfr. Francesco: in Ucraina una guerra insensata, in vaticannews.va, 21 agosto 2023.

Foto presa dal web