Di Giulia Alberoni
Lo scorso venerdì 27 giugno, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, si è tenuto un incontro organizzato da due associazioni studentesche: “ASCA”, la nuova realtà del Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea, in collaborazione con “Ca’ Foscari Futura”. Ospite dell’evento è stato il giornalista e scrittore Simone Pieranni, voce autorevole di Chora Media, che ha presentato il suo libro “2100: Come sarà l’Asia, come saremo noi”, candidato al Premio Strega Saggistica 2025. La presentazione è stata mediata dal professor Renzo Riccardo Cavalieri e dalla Presidentessa di ASCA Giulia Ottaviani, studentessa del dipartimento, offrendo uno spazio di confronto aperto e stimolante.
Pieranni ci guida in un viaggio inedito verso il futuro dell’Asia, proponendo una lettura empatica e lontana dagli stereotipi. Il testo si distingue per l’accessibilità della narrazione, pur mantenendo rigore analitico, e invita a riconsiderare il nostro immaginario sull’Asia, spesso influenzato da una prospettiva ancora eurocentrica.
Uno dei punti centrali emersi durante la conferenza è la necessità di superare una visione sinocentrica e scoprire la varietà e la complessità del Sud-est asiatico. I Paesi asiatici, ci ricorda Pieranni, non sono soltanto attori economici emergenti: sono luoghi con una lunga storia e una cultura profonda, con sistemi di potere, dinamiche familiari, media e giovani generazioni che stanno ridefinendo il ruolo dell’Asia nel mondo.
Nel capitolo dedicato alle “dinastie”, l’autore evidenzia come anche in contesti apparentemente lontani vi siano forme di potere familiare molto simili a quelle occidentali. Una realtà che contraddice una certa narrazione esotizzante, evidenziando piuttosto tratti comuni e dinamiche condivise.
La riflessione si è spinta anche sul terreno dell’informazione, dell’etica tecnologica e del ruolo delle giovani generazioni. Ad esempio, in Stati come Singapore, dove il controllo delle fake news è regolato per legge, emergono questioni spinose: chi definisce cosa è vero e cosa è falso? E quanto pesa questo sul diritto all’informazione? Al contempo, il governo accetta proposte coraggiose, come la settimana lavorativa di quattro giorni, per evitare la fuga dei talenti.
Le giovani generazioni asiatiche condividono con quelle europee problemi, passioni e strumenti: social network, musica, cinema.
Altri temi affrontati sono quello dell’intelligenza artificiale e quello del cambiamento nei modelli di consumo e produzione: le sperimentazioni di Singapore nel campo della carne sintetica sono esempi di come alcune realtà stiano immaginando un futuro più sostenibile, anche in ambiti apparentemente “non tradizionali”.
Un ulteriore nodo cruciale emerso nel corso dell’incontro riguarda la trasformazione demografica di molti Paesi asiatici, con particolare attenzione alla Cina. Nonostante l’immagine di un continente giovane e in crescita, la popolazione cinese sta invecchiando rapidamente. A causa del pensionamento anticipato e della vigenza della politica del figlio unico, si assiste oggi a un netto squilibrio generazionale, che si riflette anche sul piano economico. Gran parte della popolazione anziana cinese possiede un’elevata capacità di risparmio, ma non si identifica con il profilo classico del consumatore. Il governo locale sta quindi cercando di trasformare i pensionati in una nuova classe di consumatori, incentivando politiche che stimolino i consumi quotidiani e migliorino la qualità della vita in età avanzata: un esempio concreto di questa strategia include l’installazione di ascensori nei luoghi più frequentati. Si tratta di una sfida delicata, che unisce fattori culturali, sociali ed economici, e che potrebbe fungere da modello – o da monito – per altri Paesi con dinamiche demografiche simili.
L’incontro ha offerto uno sguardo prezioso su un’Asia in continua trasformazione, che non può più essere letta con le lenti del passato. Un continente dinamico, tecnologicamente avanzato e culturalmente influente, che non solo ci osserva, ma ci anticipa.
In un momento storico in cui le sfide globali richiedono una comprensione sempre più approfondita dell’altro, eventi come questo ci ricordano quanto sia importante decolonizzare lo sguardo e aprirci a nuove narrazioni.