Di Stella Guizzardi
La seconda conferenza della giornata di eventi di Art for Action è stata un dialogo tra Monique Villa di Art for Action e l’artista Anish Kapoor. Britannico di origini indiane e iraniane e di fede ebraica, Kapoor porta con sé un’identità multiculturale che alimenta la sua sensibilità verso le tematiche sociali e umanitarie al centro dell’evento.
La conversazione inizia con una riflessione di Kapoor sul proprio lavoro, cosa fa un artista? Afferma “a nessuno interessa una singola idea in un mondo di idee, il mio lavoro è quello di andare in profondità in qualcosa che potrebbe essere anche piccolo, come ad esempio l’emozione di un bambino, ed è in quel momento e in quel qualcosa che troviamo la vera libertà”.
Per quanto riguarda la sua opera principale all’interno di Art for Action, il Parlamento degli Invisibili, commenta: “L’invisibilità non permette di essere liberi in quanto lega i rifugiati alla non essenza umana”, collegando così il concetto della visibilità a quello della rilevanza, sia nel senso di importanza nello spazio pubblico che come garanzia dell’essere e dell’esistenza. E’ per questo motivo che si deve, secondo l’artista, riportare l’attenzione e ridare una forma precisa agli argomenti che trattano di persone non privilegiate. Ma come si fa a fare luce in diverse forme in questi nuovi tempi bui? E’ qui che entra in gioco l’arte. Art for Action si pone proprio questo come obiettivo, dare voce, artistica e politica, a coloro che non ce l’hanno. Per fare questo bisogna trovare i mezzi, gli spazi e i fondi, che sono spesso argomenti spinosi, per questo Kapoor invita il pubblico ad intervenire, e partendo dai commenti di un paio di persone presenti in sala, il ragionamento evolve: bisogna fare attenzione, il sistema è estremamente capace di intercettare le novità e commercializzarle, banalizzandole; si deve stare attenti al sistema capitalistico che è onnivoro e affamato. Anche la stessa arte di Kapoor ha un valore economico ed è per questo che Kapoor ha una voce che viene ascoltata, se lui fosse sempre un artista, ma sconosciuto, il valore attribuito alle sue parole sarebbe diverso. L’arte va reradicalizzata e tolta dalle mani del capitalismo. Kapoor si mostra pienamente d’accordo con questa riflessione, e aggiunge che proprio perché il sistema è onnivoro e tenta sempre di inglobare tutto rendendolo monetizzabile e banalizzandolo, il lavoro dell’artista riconosciuto deve essere quello di, grazie ai suoi mezzi di popolarità, tenere l’attenzione sull’azione e sulla speranza.